domenica 19 aprile 2009

Riflessioni sulla mia vita e sull' arte e sul mio libro di poesie.

A me stessa e al mio modo di essere artista e di intendere la poesia e al mio libro "La lunga strada del cuore".


Avevi appena 6 anni o forse anche meno quando capisti che per te il sentiero della vita sarebbe stato arduo e infelice. Avevi capito che sulla terra non c'è spazio per chi è un po' diverso dagli altri. Essere diversi è una condanna pesante da portare sulle spalle. Un po' strana e triste e sei già diversa, sei patologica, sei etichettata e pronta per essere immolata nell' altare della normalità. La normalità, ma cosa significa essere normali? se sei conciliante approfittano di te e ti calpestano e se reagisci sei cattiva, sei dannata . Subire e tacere, lo hai fatto per tutta la vita e sei stanca. Pensavi che almeno l' arte fosse libera, che l' estro ti avrebbe dato la libertà dai vincoli della ristrettezza mentale ma non è così. Allora, scrivi a te stessa e che te ne frega di quello che pensano di te? scrivi tutto quello che ti salta per la mente, che importa se non ti apprezzano. Molti artisti sono stati capiti quando erano morti. Un libro lo hai stampato Anna Maria Cuccu, hai lasciato il tuo testamento di lacrime, di dolore e di tormento. "La lunga strada del cuore", il tuo testamento spirituale. La prova che almeno un sogno lo hai realizzato, un sogno che ti portavi dentro da quando leggesti la tua prima poesia e cominciasti a scrivere le tue. Quante poesie leggesti in quella vecchia soffitta che ti avvolgeva e accoglieva nel suo grembo materno e ti proteggeva dal resto del mondo. Non basta essere professori per capire una poesia. Non si giudica una poesia da due o tre rime del cavolo, la poesia è cuore ed anima. E' agape. Una poesia semplice ed essenziale può essere bella quanto una poesia piena di rime. Una poesia deve trasmettere emozioni, e se non trasmette questo può avere anche le rime perfette e gli orpelli ma per me non è poesia.

Riflessioni in una notte tormentosa e insonne - Riflessioni libere e senza nessuna categoria o classificazione, senza cornice, verde, rossa o azzurra e presunta meritocrazia del cavolo.

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